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Valutazione archeoacustica dell’Ipogeo di Cividale del Friuli mediante tamburo sciamanico

TAG: archeo-acustica, archeoacustica, ipogeo, Cividale del Friuli, risonanza, ultrasuoni, tamburo sciamanico, SBRG, SB Research Group

In data 21 febbraio 2014 ci siamo recati nuovamente dell’ipogeo di Cividale del Friuli per valutare la possibilità di sollecitare il fenomeno di risonanza nelle camere dell’ipogeo rimaste invariate nella struttura.         

In particolare abbiamo voluto testare la risonanza della stanza nella quale l’effetto appare più intenso, ossia la stanza posta più profondamente all’interno dell’ipogeo (lettera D della mappa) che appare orientata a Sud con qualche grado di scarto.


Fig. 1 – Sopra: la mappa dell’Ipogeo di Cividale del Friuli. Sotto: l’ingresso della stanza più profonda, segnata con la lettera D sulla mappa

 

Ricordo che questa stanza era risultata accordata ad una frequenza che si aggira intorno ai 101-103Hz (102Hz di media) e sensibile al canto e alla preghiera (mantra) intonati intorno a questa frequenza da una voce maschile. La voce femminile, che non possiede questa estensione, non è in grado di sollecitare la struttura.

Ma se abbiamo iniziato lo studio di questo ipogeo non è perché utilizzato dai Celti come luogo di sepoltura o dagli antichi romani e dai longobardi come prigione, ma perché l’ipotesi suggerita dal ricercatore indipendente V. Maestra è che si tratti di una struttura molto più antica, ossia un tempio dedicato alla Dea Madre. Un tempio che sembrerebbe possedere delle caratteristiche di acustica tali da far ritenere che la sua destinazione d’uso fosse orientata più verso i rituali sacri che a luogo di sepoltura.

In particolare durante il nostro studio sono risultate sensibili al fenomeno di risonanza solo due camere (la C e la D della mappa), probabilmente le uniche stanze che hanno mantenuto le fattezze originali e che non sono state modificate in epoche successive per un uso non sacro.

Le nostre ricerche precedenti sono state regolarmente pubblicate sulla letteratura internazionale negli Stati Uniti (qui).

Ma è rimasto un mistero. Se consideriamo l’Ipogeo di Cividale un tempio di Madre Terra la cui datazione si perde nel tempo, dobbiamo considerare che questo culto era abitualmente condotto da sacerdotesse. Non per nulla poniamo questo ipogeo in paragone al più noto ipogeo di Hal Saflieni a Malta notoriamente dedicato alla Dea Madre.

Ma se furono delle religiose a condurre i riti in questi ambiti, appare un controsenso che l’unico modo per stimolare l’effetto di risonanza, che crea una forte emozionalità nei presenti durante i riti, sia solo una voce maschile. Doveva esserci qualche altro modo per attivare questo processo che era gestito da una donna che non poteva con la sola voce raggiungere quella estensione sonora in grado di attivare il fenomeno fisico della risonanza.

Dopo aver preso in considerazione questo aspetto abbiamo deciso di orientarci su uno strumento acustico di facile uso che fosse presente nel periodo storico corrispondente all’ipotetica costruzione del tempio dedicato alla Dea Madre.

Scartati gli strumenti a fiato per la tonalità troppo alta o altre metodiche (calici di vetro), comunque collaudati in sede, ci siamo orientati verso quel tipo di strumento a percussione che va sotto il nome di “tamburo sciamanico” tanto comune tuttora in riti esoterici o più comunemente usato nella musica celtica eseguita nel Nord Europa.

È questo uno strumento antichissimo praticamente ritrovato in tutte le culture del mondo e tuttora costruito. Si tratta di un tamburo a testa unica, costruito su un cerchio in legno massello sul quale è tesa una pelle animale, solitamente di capra o di cervo a seconda della cultura di origine. Ma le pelli possono essere ricavate anche da differenti animali a seconda della zona e della cultura.

Queste pelli vengono tese sulla cornice di legno ancora umide mediante corde in modo da acquistare il giusto grado di tensione con l’asciugatura.

Il diametro va dai 30 ai 50 cm e solitamente sul lato posteriore il tamburo sciamanico presenta l'impugnatura che può essere realizzata con corde o parti di pelli tagliate a strisce e poi legate. Oppure presenta una croce in legno incastrata nel cerchio di legno che permette di afferrarlo saldamente con una mano, mentre l’altra mano rimane libera per percuoterlo con una mazza in legno (battente) fornita di batacchio di pelle (o industrialmente di gomma).

Vi sono tuttora tantissimi artigiani in grado produrlo in numerose versioni e, anche per un possibile disegno presente sulla pelle, diventa ognuno un pezzo unico nel suo genere.

Il suono è profondo, ma il problema è che la pelle risente tantissimo dell’umidità e il suono può cambiare di tonalità in quanto se più asciutta la pelle è tirata al meglio, se nell’ambiente è presente dell’umidità la pelle è meno tesa e vibra di meno.

Sicché il suono può cambiare molto rapidamente ed è condizionato dall’ambiente dove si vuole suonare. Se l’ambiente è umido bisogna scaldare la pelle sopra il fuoco per ricavare un suono più puro.

Per la nostra ricerca abbiamo utilizzato un tamburo sciamanico di 50 cm di diametro in pelle di capra. Sulla pelle è disegnato il simbolo dell’Uccello di Tuono della mitologia nativa americana, ma a due teste, voluto dall’artigiano che l’ha prodotto. Tale disegno non modifica le caratteristiche sonore dello strumento, ma ha pura funzione di simbolo ornamentale.

 

Fig. 2 – Il tamburo sciamanico utilizzato durante l’esperimento visto frontalmente e nella sua impugnatura

 

Tale tamburo ha una frequenza di risonanza media, battendo al centro dello strumento stesso, intorno ai 55Hz. Ma, come si diceva sopra, questa sonorità può variare così tanto che all’inizio dell’esperimento l'efficienza è stata sicuramente maggiore piuttosto che dopo la lunga permanenza nell’ambiente umido dell’ipogeo che ha minato le caratteristiche sonore di questo strumento a percussione. Ugualmente percuotendolo con il battente verso la periferia l’intonazione cambia notevolmente alzando il tono della sonorità, ma diminuisce anche fortemente la pressione sonora che è in grado di esercitare.

Il tamburo è stato posizionato sia all’ingresso che in profondità della camera D. Ovviamente il maggior effetto si è ottenuto ponendo il tamburo nel nodo acustico ritrovato precedentemente. Per “nodo” si intende il punto nello spazio della camera in cui si ottiene il maggiore effetto acustico di risonanza. In questo caso si trova a circa mezzo metro dal fondo della camera e a circa un metro d’altezza. Più ci si allontana da questo punto è più l’effetto di risonanza diminuisce drammaticamente.

 

Fig. 3 – Il tamburo è stato utilizzato in diversi punti della camera D, ma ovviamente la migliore configurazione si è avuta nel nodo acustico (immagine in basso)

 

La risposta della struttura è stata sorprendente. Anche se il tamburo ha un’estensione delle sue frequenze intorno ai 55Hz, la stanza ha risposto egualmente a 103Hz, la frequenza per la quale è accordata. È ipotizzabile che l’elevata pressione sonora esercitata dalla percussione del tamburo o una delle sue armoniche abbia messo in vibrazione tutta la stanza che ha risposto alla sua frequenza di vibrazione.

L’effetto sonoro ci ha notevolmente stupiti, ma l’analisi grafica dei file registrati ci ha dato ragione delle nostre sensazioni soggettive in quanto presenta due picchi molto ben distinti, il primo dato dal tamburo sciamanico e il secondo dalla stanza.

Se guardiamo il grafico logaritmico delle registrazioni effettuate in questa occasione durante i nostri test sonori, notiamo la presenza di due picchi di maggiore intensità. Se puntiamo il cursore sul secondo picco possiamo verificare che si tratta della risposta della stanza accordata sui 103Hz. Risposta del tutto sovrapponibile a quella ottenuta con la voce maschile accordata sulla stessa frequenza. Se si punta il cursore sul primo picco si legge 55Hz, che è la frequenza media di emissione del tamburo sciamanico. Come si vede, la risposta in volume della stanza e uguale alla pressione sonora esercitata dal tamburo e presenta anche delle armoniche superiori a minor volume.

 

 Fig. 4 – Il grafico logaritmico che si ricava dall’analisi delle registrazioni: sono evidenti due picchi, uno determinato dal suono del tamburo (il primo da sinistra) ed uno proveniente dalla stanza

 

Percuotendo il tamburo ad un certo ritmo si ottiene una vibrazione quasi continua della stanza che, essendo composta proprio da quelle frequenze sulle quali stiamo indagando in un’altra linea di ricerca mediante elettroencelefalografia (EEG), sicuramente possiamo dire che sono in grado di interferire con l’attività cerebrale, creando uno stato di estasi.

Quello che appare evidente a questo punto è che, se questo ipogeo era in origine un tempio di Madre Terra, non era necessario che fosse sempre presente un uomo con la sua voce per sollecitare la risposta di risonanza, ma bastava che la sacerdotessa di Madre Terra usasse un tamburo durante il rito, battendolo al ritmo giusto e nella giusta posizione (nodo acustico). Mentre è ipotizzabile che gli astanti fossero seduti sui numerosi sedili scavati nella roccia posti poco distanti dal celebrante. Abbiamo verificato, infatti, che il suono si diffonde molto agevolmente all'interno dell'ipogeo.

 


Fig. 5 – L’apparecchiatura di registrazione digitale (Tascam DR-680) e i consueti microfoni Sennheiser (MHK3020), come da protocollo standard SBSA usato anche in questa occasione

 

Di seguito qui uno dei file registrati. Dopo il battere del tamburo si sente distintamente la risposta della stanza che fa andare addirittura in saturazione i microfoni. Per l’ascolto di questo file è necessario l’uso di una buona cuffia stereo con ampia componente di bassi. Se si usano gli altoparlanti standard per computer si può correre il rischio di non sentire nulla.

Per inciso, stante alcune critiche sulla eventuale pericolosità di sostare troppo a lungo nell’ipogeo per lo stazionamento al suo interno di gas Radon derivante dal sottosuolo, abbiamo voluto fare una misurazione con un contatore Geiger (tipo GAMMA-SCOUT modello w/ALERT).

L’ambiente è risultato libero da radioattività ed abbiamo misurato un massimo di 0,08-0,09 µSv/h. Non vi è pertanto alcuna pericolosità in questo ambiente. Va ricordato che nel ipogeo di Ravne in Bosnia avevamo misurato una radioattività massima di 0,20 µSv/h. Ricordiamo però che la soglia di allarme è stabilita in 0,4 µSv/h, mentre valori superiori a 0,60 µSv/h rivelano la presenza di una fonte radioattiva.

 

 

Fig. 6 – Il contatore Geiger dimostra una radioattività molto bassa in quanto la struttura, essendo sotterranea, è protetta dall’azione dei raggi cosmici e non vi è apparentemente presenza di gas Radon

 

Tutte le registrazioni sono state eseguite secondo il Protocollo Standard SBSA.

Paolo Debertolis – 24 gennaio 2014

 

Un sincero ringraziamento da parte di tutto il gruppo di ricerca SBRG al proprietario dell'ipogeo, sig. Gaetano Bront, per la sua disponibilità e gentilezza nel cedere anche nelle ore notturne i suoi antichi locali per le nostre sperimentazioni. Un grazie di cuore anche al sig. Federico Morandini che con pazienza ci concede le chiavi dell'ipogeo per le nostre ricerche praticamente a tutte le ore del giorno e della notte. Grazie anche alla nostra nuova collaboratrice, sig.ra Dolores Dreosti, per l'aiuto dato nelle nostre ricerche svolte presso Cividale del Friuli.

 

 


 

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