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Alcune osservazioni e ragionamenti metodologici sulle nuove esplorazioni del SBRG nei luoghi sacri in Trentino.

 

TAG: archeoacustica, archeo-acustica, archeologia, vibrazioni, infrasuoni, antropologia, Trentino, Val Canali, Valle del Primiero, Castel Pietra, miti, leggende, SBRG, SB Research Group, Super Brain Research Group.

Grazie alla nuova sede del SBRG presente a Passo Gobbera in Trentino e la foresteria posta al pianterreno dello stesso edificio (finalmente quasi conclusa dopo un periodo di ristrutturazione durato due anni), alcuni membri del nostro gruppo di ricerca hanno iniziato ad usare questa struttura come base per esaminare i siti sacri presenti in questa area.

 

Purtroppo la sala conferenze, posta nello stesso edificio, che è anche il locale Osservatorio Astronomico, al contrario non è stata ancora completata e pertanto i corsi, gli incontri e le conferenze organizzate e in programma in questa sede durante il presente anno necessariamente saranno rinviate al prossimo anno.

 

 

Fig. 1 - L'Osservatorio Astronomico di Passo Gobbera (TN) che è anche la nuova sede del SBRG.

 

 

Fig. 2 - Il telescopio a controllo remoto posto nella cupola dell'Osservatorio.


 

Comunque, l’indubbio vantaggio di disporre di una serie di nuovi locali dove soggiornare, posizionare l’attrezzatura ed esaminare immediatamente al computer i dati raccolti in giornata, ha permesso comunque di organizzare al meglio la ricerca in questa zona.

 

Una tra le nostre teorie che può essere messa alla prova mediante le tecniche di archeoacustica e imaging da noi utilizzate da vari anni è che i miti e le leggende che contornano alcuni siti ritenuti sacri da molti secoli non sono solo il frutto di superstizione o ignoranza. Spesso si tratta al contrario di racconti con una base di verità, ma filtrata attraverso la fantasia di coloro che li hanno trasmessi e che hanno aggiunto particolari mitici o modificato parzialmente il messaggio iniziale.

 

È nostra opinione, infatti, che alcune esperienze di estasi mistica o di timore mistico (sensazione che qualcosa di soprannaturale stia per accadere), talvolta addirittura in modo allucinatorio, siano anche il frutto di stati alterati di coscienza determinati da fenomeni fisici (campi magnetici e vibrazioni acustiche a bassa frequenza) in grado di modificare lo stato di coscienza di coloro ai quali siano esposti, ad esempio nei siti “sacri” o ritenuti tali da millenni.

 

Avendo la possibilità di verificare immediatamente i risultati grazie alla nostra attrezzatura scelta con cura dopo varie esperienze in questo campo, abbiamo pertanto deciso di elaborare proprio qui in Trentino un nuovo protocollo di studio, ripetibile anche da altri ricercatori, e applicabile anche in altri siti durante le nostre missioni in altri paesi europei.

 

In particolare tre membri del nostro gruppo di ricerca, il prof. Paolo Debertolis, medico, la dott.ssa Natalia Tarabella, architetto, e la dott.ssa Randa Romero, psicologa, hanno iniziato una raccolta di dati archeoacustici e fotografici e imaging ambientali, connessi alle fonti storiche locali, orali e scritte, che possano essere poste in correlazione con i dati rilevabili dalla strumentazione. Si è dato così luogo ad una diversa interpretazione dei miti esaminati secondo una prospettiva più scientifica e senza scartare nessuna ipotesi iniziale, etichettandola come semplice fantasie o superstizione.

 

 


Fig. 3 - Il gruppo di lavoro in Trentino durante le analisi sul territorio

 

 

Il problema delle fonti storiche, anche quando si parla di miti, non è una questione da poco. La storia non è un insieme di cose già date a prescindere dal soggetto che le osserva. Al contrario, è il soggetto che studia la storia che definisce la storia. Guarda e indaga. Perché non c’è indagine senza la fonte e non c’è la fonte senza indagine.

 

Ossia quando parliamo di storia in realtà parliamo di storiografia, ossia di quanto riportato da chi, attraverso testimonianze dirette o indirette, oggetti o scritti, cerca di riassumere quanto accaduto nel passato. Ma se questo passato non ha lasciato alcun segno o testimonianza del suo passaggio è come se non fosse mai esistito per noi.

 

La storia trasmessa nei miti e nelle leggende è indagine e racconto e non può esistere a prescindere dal nostro sguardo attento. La storia del mito non “è”, ma “si fa”. Quindi se il centro della ricerca storica non è l’oggetto, ma il soggetto, e non esiste la storia senza lo storico ed il ricercatore, è chiaro che l’indagine storica è data dagli strumenti e la competenza legati al soggetto che fa l’inchiesta.

 

Nel caso dell’archeoacustica gli strumenti sono rappresentati dalle tecniche di registrazione dei fenomeni naturali, sia acustici che elettromagnetici, possibilmente ancora presenti nella sede di dove è sorto un mito. È noto che i mutamenti geologici, responsabili di campi magnetici e fenomeni acustici locali, non hanno una esistenza breve come la vita umana, ma possono permanere per tempi lunghissimi localmente ed essere presenti ancora a distanza di migliaia di anni da quando sono stati rilevati empiricamente dagli antichi.

 

 


Fig. 4 - La valutazione della presenza di eventuali infrasuoni mediante microfoni ultrasensibili e registratore digitale di alto livello ormai sono una prassi comune nelle nostre ricerche.

 

 

Nella metodologia di ricerca storica, lo storico per avviare il suo racconto deve usare come strumento lo sguardo e lo sguardo deve guardare agli uomini e, in casi più rari, assistere direttamente agli eventi registrati dalle nostre attrezzature, fino ad esserne testimoni oculari.

 

Un altro strumento in nostro possesso è la memoria storica di chi ha raccolto questi miti. Ma lo strumento più importante è la parola, che lo storico e ricercatore utilizza per porre corrette domande ai testimoni.

 

Il passo metodologico successivo è l’ascolto, ossia la testimonianza di chi ha vissuto dei fenomeni inconsueti nel sito sacro o di chi ha raccolto la testimonianza di chi ha vissuto tale fatto. Coloro che ascoltano (noi), sono anche quelli che leggono quanto riportato da testi che in precedenza possono aver risposto ai quesiti che a questo punto potremmo porre ai testimoni.

 

L’ultimo strumento da noi utilizzato nelle nostre ricerche è la logica. La logica scientifica ci torna utile quando gli occhi vedono una cosa e la voce ne racconta un’altra. Quindi il nostro scopo è esaminare il dato usando la logica, ma senza scartare alcun dato perché incongruente.

 

Sono pertanto quattro gli elementi fondamentali che utilizziamo nel protocollo delle nostre ricerche, lo sguardo attento della nostra strumentazione, la parola con cui interroghiamo chi ha avuto esperienze particolari in un determinato sito sacro, l’ascolto/lettura dei dati raccolti in questo modo e la logica per mettere da parte i dati incongruenti o evidenziare quelli coerenti. Togliendo anche uno di solo di questi elementi, avremo una ricerca menomata o senza autorevolezza.

 

Quanto più gli autori di una ricerca sono capaci di utilizzare al meglio questi strumenti (in questo caso noi, ma anche qualsiasi altro ricercatore che segua la nostra metodica), tanto più gli autori possono dimostrare la loro competenza. Ossia la capacità di interpretare e valorizzare al meglio i dati raccolti.

 

La competenza non è qualcosa che si acquista dall’oggi al domani, ma si acquisisce attraverso la pratica dell’inchiesta stessa. Serve tempo e fatica. Così, dopo circa otto anni ricerca e 33 pubblicazioni di archeoacustica nella letteratura internazionale fino al maggio del 2018, possiamo affermare che abbiamo raggiunto una certa competenza nella ricerca archeoacustica.

 

La competenza è la capacità di dare un valore ai segni lasciati dal passato. Si può assistere da testimone oculare a fenomeni fisici inconsueti nel sito sacro, ma se non si ha le conoscenze tecniche specifiche, non si capirà nulla di quello che sta succedendo. Quindi la conoscenza scientifica solida si ricava dalla competenza. Dunque la competenza è la capacità di dare un valore al segno del passato. E il segno può essere qualsiasi cosa: un oggetto, ma anche un accadimento o un documento.

 

Ma cos’è un documento? È ciò che è accaduto nel tempo. E quando un evento accade lascia sempre dei segni. L’occhio li vede e l’autore dell’indagine scientifica deve puntare la sua attenzione su questi segni. Ed è in ragione della sua competenza che dà a quel segno un significato ed un valore. Il documento è pertanto un segno che viene valorizzato da uno sguardo competente, che è lo sguardo dell’autore dell’indagine scientifica. È chiaro che senza questo sguardo il documento non avrebbe peso sino quasi a non esistere.

 

Il documento può essere un antico mito, una roccia o anche un simbolo inciso sulla pietra (ad es. una coppella). È soltanto in ragione dello sguardo competente che si può scoprire il documento storico. Molto spesso, anche purtroppo in ambito storico, si cerca di spacciare il documento per qualcosa che esiste a prescindere dal nostro sguardo. Ciò è sbagliato dal punto di vista ermeneutico (esatto senso dei segni del passato). Il documento non esiste se non in ragione degli occhi che lo vedono, che lo esaminano, che lo interrogano, che lo studiano.

 

 


Fig. 5 - L'analisi immediata dei dati raccolti mediante il programma open source "Audacity" nella versione per Linux permette con una certa sicurezza di poter identificare frequenze interessanti.

 

 

Dopo questo complesso discorso sulla nostra metodologia di ricerca, qualche esempio pratico vissuto personalmente: il mito delle “guane”, sorta di streghe o fate (dipende dal punto di vista) presente nella Valle del Primiero, ma anche in altre valli trentine, anche se sotto altro nome.

 

Secondo la leggenda queste streghe vivevano ai piedi di Castel Pietra, un castello, ora ridotto a rudere edificato all’imbocco della Val Canali per difendersi dalle invasioni barbariche. Prima solo punto di difesa militare (Castrum Petrae) contro Attila, poi trasformato in un vero e proprio castello dalla dominazione vescovile di Feltre e poi più tardi entrato nel possesso del locale feudatario che ne è ancora il proprietario. Subì diverse distruzioni per essere poi abbandonato definitivamente nel 1675.

 

 


Fig. 6 - I ruderi di Castel Pietra, posto ai piedi delle Dolomiti, dominano l'ingresso della Val Canali.

 

 

Posto su un enorme masso trascinato dai ghiacciai domina la Valle del Primiero da Nord-Est, indubbiamente fu un luogo di potere. Ma il mito parla soprattutto di queste streghe che antecedentemente alla costruzione del castello vivevano in questo luogo. Quindi un luogo che da sempre è considerato dalla tradizione avere delle caratteristiche soprannaturali.

 

 


Fig. 7 - Una sorta di altare presente alla base dell'enorme masso sul quale è stato costruito Castel Pietra.

 

 

Fig. 8 - Alcune suggestive immagini del bosco posto alla base del masso sopra al quale è stato costruito il castello e dove si riteneva vivessero le "guane".

 

 

Già l’iniziale esame della archeoacustica del luogo ha confermato esserci una particolare frequenza naturale di infrasuoni in grado di creare uno stato di inquietudine (18Hz) in chi permane a lungo proprio nel bosco posto alla base del castello. Ciò a riprova del fatto che anche in questo caso il mito sorto in questo luogo ha una sua base scientifica/antropologica (Fig. 9).

 

 

 


Fig. 9 - I 18Hz a -50db (media) ritrovati alla base della enorme roccia dove è costruito il castello.

 


Fig. 10 - La scala in ferro che permette con fatica di raggiungere i ruderi del castello.

 

 

Chiunque avesse svolto nel passato un rito in questo luogo avrebbe creato una forte emotività a chi vi avesse presenziato e acquistandone prestigio. È facile pensare a questo punto qualche sorta di sciamana che nei tempi antichi possa aver eseguito qualche rituale in questo luogo generando negli astanti un senso di paura o angoscia, creando il mito delle streghe/fate vissute in questo luogo.

 

Nei prossimi mesi provvederemo a pubblicare i risultati raggiunti.

 

 

SBRG – 6 settembre 2018

 


 

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